L’architetto è sempre Mario Botta, nel suo paese natale, la Svizzera, con una piccola chiesa da ricostruire dopo una valanga. Botta ripropone le sue forme pure, con un paramento murario a scacchiera.
L’evento tragico
Il 25 aprile del 1986, un piccolo paese della Vallemaggia, Mogno, viene travolto da un’enorme valanga, che ricopre e distrugge una dozzina di case e la piccola chiesa seicentesca dedicata a San Giovanni Battista.
Tra ricostruzione e memoria
Il comitato di ricostruzione decide di affidare il progetto di ricostruzione a Mario Botta, fra le numerose polemiche. In quattro anni, dal 1992 al 1996, l’architetto edifica una piccola chiesetta sul sito di quella precedente. Per Botta, il tema della memoria è assai importante, motivo per cui molti elementi della nuova chiesa richiamano la precedente: l’orientamento è mantenuto e l’altezza massima raggiunta è di 17 metri, la stessa del vecchio campanile. Gli unici resti recuperati sono due campane del 1746, riposizionate sopra l’ingresso della nuova chiesa.
Le forme
Mario Botta imposta il suo edificio a partire da rigorose forme geometriche: l’edificio si imposta su una pianta rettangolare (all’interno) inscritta in un ellisse (all’esterno). Le pareti verticali sono interrotte da un taglio obliquo, che le recide con forza e decisione: forse a richiamare la forza e la decisione con cui la valanga del 1986 ha reciso una parte consistente del paese. L’ellisse, tagliato a quasi 45 gradi, si trasforma in cerchio. Le valenze simboliche sono evidenti: da sempre il rettangolo (e il quadrato) alludono alla dimensione terrena, umana, mentre il cerchio a quella divina. Le due dimensioni confluiscono qui una nell’altra attraverso i possenti muri di Botta, in un’ascensione dall’umano al divino. Un doppio arco rampante attraversa lo spazio in direzione est-ovest e si pone come forza di bilanciamento, effettiva e simbolica.
Possenza e leggerezza
I muri sono massicci (come sempre in Botta), partendo addirittura da uno spessore di base di 2 metri, per assottigliarsi con l’aumentare dell’altezza. L’evidenza muraria delle pareti contrasta fortemente con la leggerezza della copertura, in vetro, che richiama quasi le delicate venature di una foglia.
La luce è chiaramente zenitale provenendo dalla copertura-lucernario, ma, grazie al taglio deciso, arriva a toccare le diverse pareti, creando giochi luminosi molto suggestivi.
Texture, materiali e tecniche costruttive
Tuttavia, l’impressione più forte che si ha nella chiesa è data dalla texture: un paramento murario costituito da cubetti bianchi e neri disposti a scacchiera. In questo caso, Botta non vuole che esso sia solo un rivestimento: con la tecnica del costruire “a sacco”, dispone i blocchi distanziati da un’intercapedine centrale in cui versa il calcestruzzo.
Per quanto riguarda i materiali, Botta utilizza pietre locali: lo gneiss della cava di Riveo in Vallemaggia, lavorato a spacco, e il marmo bianco della Valle di Peccia.
Una risposta alla natura
L’architettura di Botta intende porsi come segno forte nel paesaggio. La costruzione vuole, infatti, essere metafora della fatica dell’uomo, che riesce però ad opporsi alla forza devastante della natura: una visione piuttosto negativa dell’elemento naturale, con cui Botta si relaziona spesso contrapponendovi la solidità positiva di un muro.
Se non puoi andarci di persona, fai un tour virtuale: www.youtube.com/watch?v=f9egmMx7thA
Fonti
- chiesadimogno.ch (il sito ufficiale, ricco di documentazione)
- adspazio.it/architettura-sacra-mario-botta/
- ticinotopten.ch/it/monumenti/chiesa-mogno-botta
- myswitzerland.com/it-it/la-chiesa-di-montagna-di-mario-botta.html